Contenuto | Cento anni faCENTO ANNI FALe premesseCon l'inizio del mese di agosto del 1914 la vecchia Europa è in fiamme. L'Austria ha dichiarato guerra alla Serbia dopo i noti fatti di Sarajevo. La Germania ha dichiarato guerra alla Russia e alla Francia. La Gran Bretagna alla Germania per la violazione della neutralità del Belgio. La Francia all'Austria. L'Austria alla Russia. La Gran Bretagna all'Austria. In questo calderone sono coinvolte anche alcune nazioni minori.L'Italia per il momento rimane fuori. È legata all'Austria e alla Germania dalla Triplice Alleanza, ormai vecchia e con mutate posizioni dei vari stati, la quale ha carattere difensivo mentre l'Austria, anche se a seguito di una gravissima provocazione, sta commettendo un'aggressione avendo dichiarato la guerra. Per l'Italia quindi decade l'obbligo di intervenire mancando il “casus foederis” espressamente contemplato nel trattato. Per di più non erano state effettuate le previste consultazioni preventive per i casi che interessavano le Zone d'influenza. Un sospiro di sollievo per il popolo italiano. Un sospiro della durata di dieci mesi nei quali il governo italiano è impegnato in “giri di walzer”, come malignamente commentava il cancelliere tedesco Von Bulow, con la Francia per accomodamenti coloniali e con la Gran Bretagna per compensi territoriali nel caso di intervento al loro fianco. Nel frattempo saliva la pressione di alcuni gruppi interventisti, politici e di vari movimenti, i quali vedevano in questa guerra l'opportunità di completare l'unificazione nazionale con l'acquisizione dei territori di Trento e Trieste. Il 26 aprile 1915 l'Italia firma il patto di Londra con le potenze dell'Intesa (gran Bretagna, Francia e Russia) che definisce i compensi territoriali garantiti all'Italia e che prevede l'entrata in guerra della stessa entro un mese dalla firma del documento. Tra il primo e il cinque maggio le armate austro-germaniche infliggono una pesante sconfitta all'esercito russo a Gorlice. Dopo quasi 10 mesi di guerra l'Austria-Ungheria si trova con le riserve umane ormai pesantemente intaccate ed è difficile guarnire appropriatamente altri fronti. Il 24 maggio 1915 le truppe italiane varcano senza difficoltà gli antichi confini. Così è stato anche nella nostra parte del fronte. Il fronte del Trentino meridionale, nella parte degli altipiani di Folgaria-Lavarone, con la Valle dell'Astico, era organizzato con una cintura fortificata austriaca alla quale si contrapponeva la cintura fortificata italiana. Forti prevalentemente di nuova costruzione che creavano veri e propri sbarramenti della linea di confine in un un'area considerata quale via privilegiata per un possibile attacco da parte sia da uno che dall'altro dei due “alleati”. L'inizio della guerra vide un vero e proprio scontro tra questi forti, come navi da battaglia in mare aperto che si cercano e si bersagliano l'un l'altra. Le fanterie italiane che seguirono ai bombardamenti si infransero contro questi bastioni di cemento armato che anche se pesantemente colpiti avevano ancora forza di reagire e difendere la propria area vanificando così qualsiasi altra velleità di raggiungere l'obiettivo della val d'Adige. Nel settore del Monte Pasubio le cose erano diverse. Da parte italiana erano presenti due forti: il Forte Maso, di antica concezione (è stato il primo forte delle cintura italiana) con scarsa capacità offensiva/difensiva, e il Forte Enna, moderno, armato nel 1914, aveva il compito di difendere la Val Leogra con possibilità di intervento in caso di bisogno anche nell'alta Val Posina/Passo della Borcola. Da parte austriaca era in fase di ultimazione il Werk Valmorbia (Forte Pozzacchio per gli italiani) ma lo scoppio delle ostilità non permise il suo completamento. La difesa di questa parte del fronte era quindi affidata ad un esiguo numero di guardie confinarie che poco o nulla impedirono l'avanzata italiana la quale velocemente raggiunse e si attestò alla periferia di Rovereto. Gran parte del Massiccio del Pasubio passò quindi in mano italiana che provvide subito ad armare con artiglierie per contrastare dal fianco la parte occidentale del settore degli altipiani. Le vallate e gli altipiani dalla parte austriaca furono svuotati dalla popolazione pochi giorni prima dell'entrata in guerra e questi vennero trasferiti,o meglio deportati come profughi, in varie località dell'Austria Superiore. Le montagne, ora abitate solamente da soldati, godettero di una relativa calma delle attività belliche. Lo sforzo dello Stato Maggiore italiano con la maggior parte dell'esercito era concentrato nella zona dell'Isonzo dove, con battaglie di violenza fino a prima mai provata, si doveva aprire il varco per entrare nella “pancia molle dell'Austria” e raggiungere velocemente Vienna. Non fu così. Il 1915 si chiuse con poche conquiste territoriali contrariamente a quanto ipotizzato nella “Guerra Lampo” inizialmente prevista. Lo sbilanciamento verso est dell'esercito italiano sarà preludio di una violenta reazione da parte avversaria. Ma questo sarà nel 1916. Ne riparleremo nel 2016 Carlo Bettanin |